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sabato 22 aprile 2023

La Sardegna che non ti aspetti - parte 3)


Stando alle ricerche recenti, i villaggi nuragici costieri, sono i primi ad entrare in contatto con i commercianti fenici e ciò avviene sopratutto nelle rade meridionali ed occidentali. I fenici fondano le colonie Karalis (Cagliari), poi Nora, Bithia (Capo Spartivento), Sulcis, nella penisola di Sant’Antioco, Tharros e Bosa, nella Sardegna centro nord occidentale. Il commercio con l’isola prospera gradatamente ed i villaggi si allargano consentendo di accogliere stabilmente al loro interno l’esodo delle famiglie fenicie le quali, a causa della politica espansionistica dei sovrani assiri e la loro pressione sulle coste libanesi, crea seri problemi alle fiorenti città stato, costringendo i fenici alla fuga dalle loro terre e una volta raggiunta la Sardegna, essi apportano i loro culti e le loro tradizioni.

Avvengono proficui scambi culturali e si celebrano perfino matrimoni misti. I fenici ed i sardi convivono pacificamente e sulle coste sorgono i primi insediamenti, infatti essi introducono in Sardegna una nuova forma di aggregazione sociale, le città. I clan nuragici abitavano in vasti territori controllati dalle torri nuragiche , poste nei punti più strategici.
Persino pedalando in bicicletta si possono ammirare le tante raffigurazioni punico fenicie,  stando a contatto con le bellezze naturalistiche e testimonianze archeologiche di una terra antica.
In Sardegna esiste un progetto per la realizzazione di un'intensa rete ciclabile, per un totale di 2700 chilometri e più di 50 itinerari, coinvolgendo anche parchi ed aree protette, come per esempio il tour che parte da Porto Torres in provincia di Sassari, da cui si dirama una dorsale in cemento lunga ben 25 chilometri, attraversando il Parco dell'Asinara. Durante i 100 anni di chiusura totale, quell'isola è diventata un paradiso naturale, è un parco nazionale dal 1997 ed oggi è finalmente un'area marina protetta, con i suoi 110 chilometri di costa ed un habitat incontaminato. 
Intorno ai nuraghi aumentano le capanne nei villaggi, si incrementa la topografia; grazie al prosperare dei villaggi, le città stato fanno gola ai cartaginesi che mirano, non solo al controllo dei centri urbani costieri ma anche alle fertili pianure dell'entroterra; ancora più forte è l'interesse per le nostre ricche miniere di metallo, sempre state dominio delle genti nuragiche dell'interno. Da allora inizia una lunga guerra che vede i punici (le genti di Cartagine)penetrare fino all'interno dell'isola; arrivano da Karalis (Cagliari), Monastir e San Sperate, vanno verso Sulky, l'odierna Sant'Antioco, fino a Monte Sirai. Da Tharros occupano il Sinis, spingendosi fino a Narbolia e San Vero Milis (ottima la Vernaccia); messi alle strette, i sardi nuragici reagiscono ed in breve tempo occupano i territori invasi, minacciando la distruzione delle città costiere. Per la prima volta nel VI secolo a.C. la Sardegna rientra negli annali della storia. La letteratura classica infatti, ci fornisce un preciso resoconto su ciò che accade nell'isola. Per difendere gli interesserei punici, nel 540 a.C. Cartagine inviò in Sardegna un suo esperto generale, reduce dalla vittoria in Sicilia contro i greci, tale Malco. Egli sbarca in Sardegna con un corpo di spedizione il cui compito è appunto quello di liberare le città costiere dal pericolo di annientamento. Malco però trova ad attenderlo la feroce ed organizzata resistenza dei sardi nuragici che attaccano e travolgono i cartaginesi, ormai costretti alla ritirata ed a sopportare le pesanti perdite. Dopo tale disfatta, l'esercito cartaginese viene potenziato. In quel periodo viene introdotta nella nostra isola la zanzara anofele che nell'isola trova terreno fertile tra paludi, acquitrini e campagne incolte. A detta di alcuni storici l'isola, all'epoca, si trasforma ben presto in una terra maledetta, infestata com'è dalle micidiali zanzare anofele che si sono conservate molto bene, riuscendo ad arrivare all'epoca moderna; dal 1946 al 1950 vengono considerate un flagello per la Sardegna a causa della malaria che le stesse zanzare trasmettevano. Cicerone chiama il poeta sardo Tigellio,  "Hominem pestilentiorem patria sua" mentre gli inviati a Roma definiscono i sardi "razza maledetta". Ormai radicata nei secoli, la malaria continua ad imperversare durante la dominazione di Bisanzio con picchi elevati nel Medioevo. Durante il Feudalesimo, la gente sarda viene  decimata e gli abitanti ridotti a 150.000, ossia, lo stesso numero di persone che oggi vive a Cagliari. Gli eserciti stranieri perdono spesso le loro battaglie non per la forza dei sardi, ma perché ai sardi, dava man forte la malaria, nemico invisibile ed invincibile.
 Per fortuna nel dicembre del 1943, gli americani introducono il DDT eseguendo una potente disinfestazione. 
I cartaginesi si spingono all'interno della Sardegna tanto da distruggere la reggia nuragica di Barumini. A Malco successe Magone, vero fondatore della potenza cartaginese; Asdrubale, suo figlio morì in battaglia nel 510 a.C. e la guerra viene portata avanti da suo fratello Amilcare, vittorioso sui sardi che trovano riparo all'interno dell'isola. I cartaginesi ricostruiscono la fortezza di Monte Sirai e ne ripristinano delle altre nei punti strategici dell'isola. Quella cartaginese è un'occupazione molto più estesa di quella fenicia, tanto da arrivare nelle pianure e sulle colline dove fondano diversi centri abitati; così da una parte proteggono i loro commerci e dall'altra sfruttano le risorse agricole del nostro paese. Dopo la conquista dell'isola, Cartagine importa una grande quantità di indigeni berberi dal Nord Africa (Magreb), destinata alla coltivazione del grano nel Campidano. Cartagine regola i traffici navali da e per la Sardegna. Nel 509 a.C. viene sancito il primo trattato di Roma che riconosce a Cartagine il possesso della Sardegna e vieta ai romani ogni tipo di commercio con l'isola.
Nel 378 a.C. i romani fondano la colonia Sardonia che potrebbe essere identificata con la Sardegna, per la sua forma di sandalo. Dal 360 a.C. Cartagine decide di fortificare alcune città importanti della Sardegna a difesa dell'esponenziale crescita della Repubblica Romana. Per questo vengono costruite le mura di cinta intorno a Tharros, Sulcis, Nora e Karalis e vengono fortificate quelle di Olbia, Santu Antine e Genoni. L'occupazione punica trasforma anche l'organizzazione della Società Sarda. Le città diventano centri di potere politico, religioso, militare ed economico; viene inoltre imposto alla popolazione sarda  un tipo di cultura diverso; dopo un periodi di forti scontri proprio in merito a questo, i rapporti tra sardi e punici migliorano, tanto da avere una fusione tra le due culture.  
 
                   
                                                            
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giovedì 20 aprile 2023

La Sardegna che non ti aspetti - 7)


Intorno ai nuraghi aumentano le capanne nei villaggi, si incrementa la topografia; grazie al prosperare dei villaggi, le città stato fanno gola ai cartaginesi che mirano, non solo al controllo dei centri urbani costieri ma anche alle fertili pianure dell'entroterra; ancora più forte è l'interesse per le nostre ricche miniere di metallo, sempre state dominio delle genti nuragiche dell'interno. Da allora inizia una lunga guerra che vede i punici (le genti di Cartagine)penetrare fino all'interno dell'isola; arrivano da Karalis (Cagliari), Monastir e San Sperate, vanno verso Sulky, l'odierna Sant'Antioco, fino a Monte Sirai. Da Tharros occupano il Sinis, spingendosi fino a Narbolia e San Vero Milis (ottima la Vernaccia); messi alle strette, i sardi nuragici reagiscono ed in breve tempo occupano i territori invasi, minacciando la distruzione delle città costiere. Per la prima volta nel VI secolo a.C. la Sardegna rientra negli annali della storia. La letteratura classica infatti, ci fornisce un preciso resoconto su ciò che accade nell'isola. Per difendere gli interesserei punici, nel 540 a.C. Cartagine inviò in Sardegna un suo esperto generale, reduce dalla vittoria in Sicilia contro i greci, tale Malco. Egli sbarca in Sardegna con un corpo di spedizione il cui compito è appunto quello di liberare le città costiere dal pericolo di annientamento. Malco però trova ad attenderlo la feroce ed organizzata resistenza dei sardi nuragici che attaccano e travolgono i cartaginesi, ormai costretti alla ritirata ed a sopportare le pesanti perdite. Dopo tale disfatta, l'esercito cartaginese viene potenziato. In quel periodo viene introdotta nella nostra isola la zanzara anofele che nell'isola trova terreno fertile tra paludi, acquitrini e campagne incolte. A detta di alcuni storici l'isola, all'epoca, si trasforma ben presto in una terra maledetta, infestata com'è dalle micidiali zanzare anofele che si sono conservate molto bene, riuscendo ad arrivare all'epoca moderna; dal 1946 al 1950 vengono considerate un flagello per la Sardegna a causa della malaria che le stesse zanzare trasmettevano.

Cicerone chiama il poeta sardo Tigellio,  "Hominem pestilentiorem patria sua" mentre gli inviati a Roma definiscono i sardi "razza maledetta". Ormai radicata nei secoli, la malaria continua ad imperversare durante la dominazione di Bisanzio con picchi elevati nel Medioevo. Durante il Feudalesimo, la gente sarda viene  decimata e gli abitanti ridotti a 150.000, ossia, lo stesso numero di persone che oggi vive a Cagliari. Gli eserciti stranieri perdono spesso le loro battaglie non per la forza dei sardi, ma perché ai sardi, dava man forte la malaria, nemico invisibile ed invincibile.
 Per fortuna nel dicembre del 1943, gli americani introducono il DDT eseguendo una potente disinfestazione. 
I cartaginesi si spingono all'interno della Sardegna tanto da distruggere la reggia nuragica di Barumini. A Malco successe Magone, vero fondatore della potenza cartaginese; Asdrubale, suo figlio morì in battaglia nel 510 a.C. e la guerra viene portata avanti da suo fratello Amilcare, vittorioso sui sardi che trovano riparo all'interno dell'isola. I cartaginesi ricostruiscono la fortezza di Monte Sirai e ne ripristinano delle altre nei punti strategici dell'isola. Quella cartaginese è un'occupazione molto più estesa di quella fenicia, tanto da arrivare nelle pianure e sulle colline dove fondano diversi centri abitati; così da una parte proteggono i loro commerci e dall'altra sfruttano le risorse agricole del nostro paese. Dopo la conquista dell'isola, Cartagine importa una grande quantità di indigeni berberi dal Nord Africa (Magreb), destinata alla coltivazione del grano nel Campidano. Cartagine regola i traffici navali da e per la Sardegna. Nel 509 a.C. viene sancito il primo trattato di Roma che riconosce a Cartagine il possesso della Sardegna e vieta ai romani ogni tipo di commercio con l'isola.

Tuvixeddu nel cuore di Cagliari


Nel 378 a.C. i romani fondano la colonia Sardonia che potrebbe essere identificata con la Sardegna, per la sua forma di sandalo. Dal 360 a.C. Cartagine decide di fortificare alcune città importanti della Sardegna a difesa dell'esponenziale crescita della Repubblica Romana. Per questo vengono costruite le mura di cinta intorno a Tharros, Sulcis, Nora e Karalis e vengono fortificate quelle di Olbia, Santu Antine e Genoni. L'occupazione punica trasforma anche l'organizzazione della Società Sarda. Le città diventano centri di potere politico, religioso, militare ed economico; viene inoltre imposto alla popolazione sarda  un tipo di cultura diverso; dopo un periodi di forti scontri proprio in merito a questo, i rapporti tra sardi e punici migliorano, tanto da avere una fusione tra le due culture.  
 

                                                            
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mercoledì 19 aprile 2023

La Sardegna che non ti aspetti - 6)



Per chiudere l'anello dei percorsi in bici, il turista potrà fare tappa su un'oasi inimitabile, il Parco della Giara di Gesturi, un altopiano basaltico, di origine vulcanica, alto 600 metri. Ciò che disarma il turista, è la completa assenza di rumori, a parte i cinguettii degli uccelli. I cavallini scrutano a distanza tra gli alberi piegati dal vento forte di maestrale che porta profumi mediterranei; tracce umane storiche e preistoriche si avvertono da Turri in direzione di Barumini dove troneggia "Su Nuraxi", un grandioso nuraghe, oggi patrimonio dell'Unesco.  La passeggiata continua lungo le colline della Marmilla per poi faticare da Gesturi fino alla discesa di Genuri, dove si potrà visitare "Sa Domu de S'Orru" (La casa dell'orco), si procede poi verso Setzu e di nuovo Tuili e Turri fino a concludere il giro.

Una magnifica Stele Sepolcrale del IX secolo a.C. è stata rinvenuta a Nora, accanto a Pula e la si può vedere al Museo Nazionale di Cagliari; sopra la Stele appare il nome della nostra isola di Sardegna, senza le vocali, SRDN, come consuetudine nelle lingue semitiche, caratterizzate da un ricco consonantismo. A Nora si trovano i resti della città romana.  
Il periodo che va dal 900 a.C. si identifica con l'epoca d'oro della civiltà nuragica. L'artigianato produce ceramiche raffinate ed aumenta la qualità delle armi; col prosperare dei commerci, i manufatti sardi raggiungono ogni angolo del Mediterraneo, dalle coste Siro Palestinesi a quelle spagnole ed atlantiche. 

                                                            

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La Sardegna che non ti aspetti- 5)

Scendendo sulla dorsale si arriva al Sulcis passando per i tracciati storici, luogo di miniere dismesse, ben 59, da cui si estraevano, ferro, argento, rame e piombo. I tracciati sono impegnativi e corrono su asfalto, sentieri brulli e su mulattiere; 24 tappe ed in tutto 400 chilometri da fare in bicicletta, tempo occorrente, una settimana circa. Avete però attraversato 3/4 del Parco Geo Minerario della Sardegna. Il percorso attraversa i centri minerari costieri come Nebida e Masua, con la famosa galleria di Porto Flavia, un monumento di archeologia industriale straordinario che domina una fetta di costa incantevole, sita di fronte al faraglione Pan di Zucchero, alto ben 133 metri.


Porto Flavia è stato un capolavoro  di ingegneria che quando era in funzione, migliorava le condizioni di lavoro dei minatori perché riduceva i tempi ed i costi di trasporto del minerale. Dai boschi del Marganai si passa alla miniera di Serbariu, attuale museo del carbone, e poi si arriva alle dune di Piscinas, con montagne di sabbia sottile, alte più di trenta metri; si giunge quindi alle grotte di San Giovanni, a Domusnovas e le grotte di Is Zuddas, a Santadi con stalattiti e stalagmiti dalle forme più curiose.

Stando nel Sulcis si può visitare il parco di Gutturu Mannu (la Grande Gola) coperto da lecci, sugherete, olivastri e lentischi. Bello da visitare è il Parco di Monte Arci, ricco oltre che di macchia mediterranea, di Ossidiana, ossia l'oro nero del Neolitico, un vetro nero di origine vulcanica che in sardo si chiama "Sa perda Crobina", ossia, roccia nera come il corvo. Il Monte Arci si estende per 150 chilometri quadrati.


                                                            
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martedì 18 aprile 2023

La Sardegna che non ti aspetti - Parte 4)


Proseguendo si incontrano sorgenti, ruscelli, stagni e dighe, ruderi medioevali in mezzo a tanta macchia mediterranea. Un parco che attira i turisti in bicicletta è quello di Porto Conte, col suo patrimonio ambientale unico; vicino ad Alghero, Porto Conte è immerso in 5000 ettari di verde.

E si, la Sardegna in sella regala agli amanti delle vacanze in bici, luoghi ricchi di bellezze naturalistiche, archeologiche e culturali per soddisfare le esigenze di colui che ha sete di conoscenze. La bici è perfetta per visitare anche la Penisola del Sinis, vicino a Cabras, dove i Giganti di Mont’e Prama interpretano un passato remoto antichissimo, eroico.

I panorami che si presentano sono da mozzare il fiato e mettono in evidenza come la Penisola si trovi incastonata tra due grandi stagni, noto habitat dei fenicotteri rosa, da noi chiamati "Sa Genti Arrabbia", la gente rossa, per il loro ingente numero ed il  colore rosa intenso. Quel tratto di costa del Sinis è basso e sabbioso con la sabbia composta da innumerevoli quarzi rosa, come Is Arutas, da cui molti turisti amano portar via un ricordo, che amaramente vedono sottrarsi dal personale dell'aeroporto. Tutto il litorale è un sorvegliato speciale dalle vedette poste nelle torri spagnole. In un'altalena storica il turista si spinge  verso l'VIII secolo a.C. arrivando fino alla punta meridionale della penisola dove sono ben visibili i resti della città di Tharros, un centro commerciale fondato dai fenici, importante prima per i cartaginesi e per i romani più tardi.

                                                            
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La Sardegna che non ti aspetti - Parte 2)

I cartaginesi una volta giunti in Sardegna, mirano sopratutto allo sfruttamento delle nostre miniere  ed al controllo della pianura del Campidano. Ricordatevi che state pedalando su una terra che ha la forma dei vostri stessi sandali che i greci chiamano Sandiotis o Ichnusa, che ha dato il nome alla nostra birra cruda, col carattere della nostra terra,  Ichnusa appunto.
Non sarà difficile adesso fermarvi davanti ad un panorama marino o montano e scommetto che  a stento riuscite a trattenere  la vostra emozione; cercate un bar e regalatevi un bel relax tra mare, monti e natura sorseggiando una fresca birra! Che ve ne pare? Guardate verso il mare ed immaginate di vedere arrivare le navi fenicie provenienti dalla striscia costiera a nord della Palestina e ad est del Libano; i fenici  sono abili navigatori e commercianti; percorrono il Mediterraneo in lungo e in largo, con l’intento di scambiare i prodotti del loro fiorente artigianato, gioielli, ceramiche smaltate ed incise, stoffe di lino e di lana colorate con la porpora, di cui hanno il monopolio; essi la ottengono da un particolare tipo di conchiglia marina detta Murice che in Sardegna chiamiamo boccone; dal mollusco si ricava la Porpora Reale, sostanza dal colore violaceo, secreta da una ghiandola del mollusco ed usata appunto nella colorazione delle stoffe. Da un mollusco se ne può estrarre solo una goccia, il che rende la porpora molto preziosa; basti pensare all’Iliade, secondo cui solo le principesse potevano usare i veli di porpora ed è per questo che proprio la porpora è il simbolo della magnificenza imperiale.  

                                                            
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lunedì 14 giugno 2021

Cagliari, tante cose da sapere - 1° parte



Mi sorprendo come ogni volta che leggo qualche articolo o pagina di libro che parla della mia città, Cagliari, scopro sempre nuove cose, nuove informazioni che mi aiutano a comprendere  meglio la sua storia, il susseguirsi degli eventi e perfino l'origine di tanti nomi. In città al tempo degli aragonesi,  nel rione Castello, la parte più alta di Cagliari, dove al tempo risiedeva la nobiltà, lavoravano tanti sudditi, servitori delle persone più ricche.  A partire dal Regio Decreto del 1861 però, Cagliari non sarebbe più stata roccaforte militare, quindi la città poteva espandersi oltre le mura del Castello, scendendo nelle parti basse ed in breve tempo si decreta lo sgretolamento del rione dove il popolo poteva accedere soltanto per svolgere i lavori più umili. Allo scattare del coprifuoco i servitori che lavoravano a Castello, dovevano sloggiare e tornare giù alle loro case,  avvertiti da un suono di corno. E' rimasto ancora oggi il detto "Bogau a son'e corru" ossia mandato via a suono di corno. Essendo i cortigiani di Castello più colti, il popolino si recava da loro per farsi scrivere le lettere  e le richieste da inoltrare alle autorità. I soldi erano sempre di meno e l'inchiostro costava caro, così i castellani lo allungavano orinando dentro il calamaio.  Nasce così il soprannome "Pisciatinteris" ossia piscioni dentro i calamai. Se qualcuno malauguratamente si tratteneva a Castello oltre il coprifuoco, veniva buttato fuori e fatto rotolare giù dal Bastione di Santa Croce dicendogli "Stai in pace", poi diventato "Stampace", da cui ha preso il nome il quartiere ai piedi di Castello. A Stampace al tempo si faceva la festa de "Is cuccurus cottus", le teste calde che si teneva in una domenica d'estate. Ma un politicante, approfittando di cotanta partecipazione, sfruttò la festa per fini elettorali ed avrebbe favorito la nascita di un comitato organizzatore parallelo ma a detta degli stampacini, quel politico "ha perdiu latti e cardaxiu", ovvero il latte ed il pentolino, ossia non si è più fatta la festa e venendo meno la partecipazione della gente, nemmeno la propaganda politica. In passato in Sardegna emerse il fenomeno delle assonanze, ossia la parziale identità di suoni tra due o più parole, quindi l'isola dei Granchi (Cuvuru in sardo), divenne l'isola dei Cavoli; mentre l'isola del cattivo vento, "malu 'entu", divenne l'isola di Maldiventre; così pure "su mraxiani arrubiu" (la volpe rossa), fu tradotto in "Margine Rosso". Anche Bagnaria fu trasformato da Balnearia, dove furono scoperte le terme, fu trasformata in Bonaria. I cagliaritani hanno coniato  tanti termini con cui "criticare" coloro che provenivano dai paesi lontano dalla città, ossia i "Biddunculi", da "Bidda", Paese, coloro che provenivano dai paesi, altrimenti detti i "Gabilli", coloro che arrivavano in città per fare acquisti a bordo della Gabillac, una vecchia Station Wagon. 

sabato 15 maggio 2021

Gli elefanti nani in Sardegna



Sembra quasi impossibile pensare alla Sardegna come una terra un tempo popolata dagli elefanti nani che indisturbati giravano per l'isola. Infatti nel periodo Pleistocene ossia, due milioni di anni fa circa, il periodo più tardo delle glaciazioni, (oggi noi viviamo nel periodo Olocene, iniziato circa dodicimila anni fa), apparvero in Sardegna i primi elefanti che in realtà erano dei piccoli Mammut, detti più precisamente Mammuthus Lamarmorae, una specie a sé stante ma più piccola della norma, frutto del Nanismo Insulare, in contrasto al Gigantismo insulare. I paleontologi iniziarono a studiare la materia intorno al 1800 ed i loro studi sono stati avallati dal ritrovamento di una zanna di elefante lunga ben 48 centimetri nella zona di Alghero, insieme a pezzi di tibia ed alcuni denti, tutti risalenti al Pleistocene. Dobbiamo fare attenzione a quando stendiamo l'asciugamano sulla sabbia a non affossare col nostro peso un fossile che ci parla dei nostri amici elefanti. E' incredibile, ma avevamo gli elefanti nani in Sardegna! Nel Sulcis, a Gonnesa, durante i lavori di scavo per la ferrovia a metà '800, furono ritrovate parti di scheletro di quei mammiferi; ma i ritrovamenti ci furono anche ad Alghero, in Località Tramaglio,  e nel Sinis a Capo San Marco. In rapporto alle misure di ossa e denti, i Mammut sardi non dovevano essere più alti di un metro e mezzo al garrese e pesavano tra i 700 e gli 800 chilogrammi. Gli esperti si sono posti un mare di domande che aspettano risposte dagli studi in corso. In che modo i Mammut sono arrivati in Sardegna? Si ipotizza un abbassamento delle acque del periodo glaciale, che ha favorito l'avvicinamento tra le coste sarde e quelle della penisola italiana.

Come hanno fatto a ridurre così drasticamente le loro dimensioni? Come si sono adattati  al nuovo ambiente insulare? Qui non vi erano predatori per cui i Mammut dovevano condividere il territorio con i cervi ed i canidi, anch'essi di taglia ridotta, incluso il prolago sardo, l'antenato del coniglio. Queste specie di animali erano destinate però a scomparire con l'avvento dell'uomo sulla terra. I calchi dei resti ritrovati sono esposti al museo paleontologico di Carbonia. Gli studi in materia sono appena agli inizi, ma ogni volta che si ritroverà un piccolo reperto, lo si collocherà lì, nel grande puzzle che con l'aiuto dei paleontologi sardi si è appena iniziato a comporre. 

mercoledì 28 febbraio 2018

Galleria d'Arte Comunale - Cagliari

L'ingresso della Galleria Comunale D'Arte
Ho visitato diversi musei in altrettante città, ma non avevo ancora visto la Galleria Comunale d'Arte della mia città natale, Cagliari, così domenica, ho deciso di andare a visitarla.
La Galleria un tempo ospitava la Regia Polveriera, in un caseggiato in stile neoclassico costruito a fine settecento, distrutto nel 1822 da un'esplosione, ma ricostruito nel 1828, su progetto di Carlo Boyl. Avvicinandomi al caseggiato trovo un chiosco antico di forma esagonale in cui mi soffermo per fare una veloce colazione, trattasi di un bar.
Panorama sul Porto
Una delle vasche antistanti la Galleria
I bagni si trovano sul lato sinistro verso la biglietteria ma ve ne sono anche dentro la Galleria. L'orario è continuato dalle dieci alle diciotto, anche la domenica, mentre d'estate si chiude molto più tardi.      Intorno al 1929 uno dei maggiori architetti italiani, Umberto Badas,  trasformò la Polveriera ormai distrutta, in Galleria D'Arte, con sale che tra l'altro, oggi ospitano la Collezione Ingrao, donata  alla città di Cagliari nel 1999; una collezione privata di 250 opere, raccolte dall'Avvocato Paolo Ingrao  di Roma che morendo le ha donate   ad un'unica ereditiera, sua cugina Elisa  MULAS di Nurri che le ha regalate al Comune di Cagliari, seguendo il volere dell'Ingrao che prevedeva l'inalienabilità e l'indivisibilità delle opere.
Il Bacio di francesco Ciusa 1922
Guardando  quei quadri e quelle sculture, si ammira l'evoluzione dell'arte italiana attraverso tutto il novecento; si va da Roberto Boccioni a Giorgio Morandi. Oggi la collezione è esposta al pubblico in un'apposita sala dedicata alla memoria dell'Avvocato Ingrao.
Giò Pomodoro, arte astratta
Un valore di settanta miliardi, messo a disposizione di tutta la collettività. Molte di quelle opere sono disegnate su cartone, o meglio, su cartoncino telato.
Le sedie ideate dagli studenti del Liceo Artistico Foiso Fois
Ho attraversato i giardini pubblici; devo dire che negli anni sono cambiati tantissimo, sia al lato destro che in quello sinistro, si possono ammirare tante varietà di piante da fiore, oltre a qualche bell'albero secolare che in estate offrirà la sua deliziosa e fitta ombra.
Nella Galleria si trovano tra le altre,  le opere di Francesco Ciusa;  uno dei più famosi scultori nuoresi nato nel 1883 che studiò all'Accademia delle Belle Arti, grazie ad un sussidio del Comune;  tra le sue opere la più famosa è  "La Madre Dell'Ucciso", una scultura che rappresenta una donna minuta, accovacciata con le gambe piegate,  che risale al 1906/ 1907; in  molti sono convinti che l'opera abbia vinto il premio alla biennale di Venezia ma non fu così.
L'originale della statua si trova nella Galleria di Cagliari, ma altre cinque copie in gesso, sono esposte in altrettanti musei italiani, quello di Nuoro incluso.
Una scultura 
Verso l'uscita si può ammirare anche un'altra scultura di Francesco Ciusa, "Il Bacio" del 1922, un'opera molto romantica e piacevole, da ammirre in tutta la sua luminosità.
I quadri della Collezione Ingrao
Inoltre alla Galleria d'Arte  è stata esposta la Cariatide di Modigliani, un busto in pietra raffigurante un prototipo di donna che fece da base per tutte le sculture femminili che fece lo scultore e pittore.
Al primo piano, una serie di lavori fatti dagli studenti del liceo artistico di Cagliari, Foiso Fois e tante opere moderne, completa il tutto un'attrezzata libreria.
Quadri della Collezione Ingrao
Il giardino che circonda la Galleria offre un panorama straordinario sulla laguna di Cagliari, su l'altro lato, come in un forte abbraccio, si snodano le mura forti del Bastione di Saint Remy.

Quadri della Collezione Ingrao
Che dire, sono sicura che la mia descrizione sminuisce l'opera che ritroverete davanti ai vostri occhi quando andrete a visitare la Galleria.
Sculture di francesco Ciusa
La Madrte dell'Ucciso di Francesco Ciusa

giovedì 16 giugno 2016

Sant'Agistino - Chiesa Monumentale di Cagliari.



Nel quartiere storico di Cagliari, chiamato Marina, un tempo detto la Lapola,  a ridosso del Porto, sorge una Chiesa gotica monumentale dedicata a Sant'Agostino; essa si affaccia sulla via Baylle e si ispira all'arte rinascimentale. Oggi di quell'antica  chiesa resta solo una cappella a cui si accede dalla parte opposta alla via Baylle, ossia dal Larlo Carlo Felice.
Nel Rinascimento, affianco alla chiesa sorgeva il convento degli Emeritani ma nel 1563, per ordine del re Filippo II di Spagna, dovendo demolire le mura cittadine per rimodernarle, la vecchia chiesa fu abbattuta  insieme al convento. Si sa soltanto che la vecchia chiesa sorse nel 1400 ed  aveva tre navate, oggi rimane solo una cripta, inglobata nel Palazzo Accardo, realizzato nel 1901 dall'architetto Dionigi Scano,  messo in vendita all'asta, proprio in questi giorni. In seguito alla legge Siccardi che soppresse gli ordini religiosi, il convento passò prima al demanio dello stato e poi al Comune di Cagliari.
Dopo il declino, il convento veniva smantellato per ospitare i mercati generali del Largo Carlo Felice. Nei vecchi locali dello stesso, fu però ospitato l'asilo della Marina dove le suore, tra cui la Beata Suor Nicoli, insegnavano l'arte del ricamo alle ragazze in cerca di una specializzazione. La chiesa di Sant'Agostino fu  danneggiata dai bombardamenti del 1943, ma solo nel 1978 fu chiusa al culto.
Agli inizi degli anni ottanta, in seguito ad alcuni scavi, furono rinvenuti tutta una serie di reperti dell'epoca romana.  Oggi si può visitare la chiesa con gli scavi sottostanti, nel mese di maggio, in occasione di "Monumenti aperti".

domenica 17 gennaio 2016

Su Nuraxi di Barumini ed il Parco Geo Minerario Sardo ora Patrimonio dell'Unesco.


La Sardegna è detta anche l'Isola delle Torri e per torri sono intesi i numerosi nuraghi costruiti nella nostra terra circa 3.500 anni fa, nell'età del bronzo. Queste erano costruzioni a due piani, fatte con grosse pietre incastrate a secco l'una sull'altra, in modo concentrico,  andando a formare delle mura coniche che si restringevano all'apice. Il nuraghe che si è conservato meglio nei vari secoli è quello di Barumini, Su Nuraxi, che racconta al visitatore la storia millenaria che ha attraversato l'isola ed il suo territorio. Su Nuraxi, alto 18 metri, era centrale rispetto a tutta l'area interessata ed intorno vi erano le torri, poste a difesa del Dominus. Tutt'intorno si vede ancora il cortile a forma di mezza luna, con un pozzo profondo 20 metri. Questo sito ha destato non poco interessa da parte dell'UNESCO,  che l'ha annoverato come patrimonio dell'Umanità, a testimonianza di come i popoli dell'epoca Preistorica, abbiano saputo sfruttare in modo innovativo i materiali e le tecniche  a loro disposizione.
In Sardegna  l'UNESCO ha trovato interessante anche un altro sito, anzi ha creato un nuovo marchio ad hoc per esso, ossia UNESCO Global Geoparks ed il Parco Geominerario della Sardegna vi rientra, insieme ad altri 119 geoparchi situati in 33 nazioni. Il Parco si trova nel Comune di Iglesias e comprende le miniere del Sulcis ed Argentiera. 
Le otto aree del Parco comprendono 3.500 chilometri quadrati di territorio ed offrono allo spettatore un affascinante ritorno al passato, immerso in un mare azzurro in cui spiccano alti faraglioni, incluso Pan di Zucchero e la miniera di Serbariu dove egli, potrà ripercorrere 8.000 anni di storia mineraria, in cui i diversi popoli si sono succeduti, lasciando ognuno, una traccia indelebile, visibile ancora oggi.