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mercoledì 15 agosto 2012

Villacidro - il paese delle Streghe-Vampiro.


Una leggenda decretava maledetto questo paese, Villacidro ed i suoi 15.000 abitanti dato che era infestato dalle streghe - vampiro. Is Cogas, era il nome dato a queste creature malefiche, dotate di una coda, tenuta nascosta da un'ampia gonna e dai lunghi capelli. Esse riuscivano a trasformarsi in insetti, uccelli o.....................................
serpenti al fine di entrare più agevolmente nelle case che portavano appesi alla porta, il fiocco, annuncio di una nuova nascita. Si avvicinavano al bambino, meglio se non battezzato e gli succhiavano tutto il sangue. Quando prendevano le sembianze umane erano irriconoscibili, Villacidro era in controtendenza ed adorava i ragni, che assicuravano la cattura degli insetti, che si trasformavano in Cogas.
Questa leggenda ha però un fondo di verità, visto che sono stati ritrovati documenti scritti di condanne da parte del Tribunale dell'Inquisizione Spagnolo, del 17° secolo d.C., di ben 7 streghe villacidresi. Altre tre donne furono imprigionate, accusate di ricorrere a superstizioni e ritenute responsabili della morte di alcuni neonati. Nel secolo successivo, l'Arcivescovo di Cagliari.

Monsignor Falletti, inviò una missiva alla Santa Sede, evidenziando l'abuso di sortilegi e superstizioni da estirpare urgentemente da Villacidro. Così fu fondata la Congregazione di San Filippo Neri, dedita alla salute delle anime. Per fortuna, alla forza de Is Cogas, veniva contrapposta quella di San Sisinnio,  il Santo dei villacidresi, Al Santo venivano dedicati 4 giorni di festeggiamenti, durante i quali non si sentiva mai parlare di streghe e non si vedevano volare insetti od uccelli. Il santo è rappresentato da Sisinnio che schiaccia col piede, una testa di serpente con le fattezze da strega ed in braccio un bambino appena rapito. Villacidro è un bel paese che ha destato in passato anche l'interesse di Gabriele D'Annunzio, a cui dedicò questi versi:

                                                            La Spendula
Dense di celidonie e di spineti
le rocce mi si drizzano davanti
come uno strano popolo d'atleti
pietrificato per virtù d'incanti.
Sotto fremono al vento ampi mirteti
selvaggi e gli oleandri fluttuanti,
verde plebe di nani; giù pei greti
van l'acque della Spendula croscianti.
Sopra, il ciel grigio, eguale. A l'umidore
della pioggia un acredine di effluvi
aspra esalano i timi e le mortelle.
Ne la conca verdissima il pastore
come fauno di bronzo, su 'l calcare,
guarda immobile, avvolto in una pelle.
G. D'Annunzio, 1882

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