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martedì 12 settembre 2023

Viaggio in Belgio - Marcinelle- una tragedia annunciata 1

 
Essendo arrivata all’aeroporto di Bruxelles, Charleroi, la mattina del 24 giugno, troppo presto per prendere possesso della camera d’albergo, ho deciso di fare una visita a Marcinelle e vedere  il luogo dove avvenne la tragedia quell’8 agosto 1956, in cui hanno perso la vita ben 262 minatori, tra i quali  136 italiani.














 




L’8 agosto di ogni anno in Italia si celebra la Giornata Nazionale del Sacrificio e del Lavoro Italiano nel Mondo. Quella data ci riporta indietro nel tempo quando una mattina proprio dell’8 Agosto 1956, alle ore 8:11, una grossa nube nera fuoriesce dalla miniera di carbone di Bois du Cazier, nel comune di Charleroi, uno dei più importanti siti minerari europei. I minatori si trovavano già a mille metri sotto terra e l’addetto doveva spedire giù con l’ascensore i carrelli che servivano per riportare in superficie il carbone; i carrelli sono troppi e non stanno in ascensore che rimane semi aperto con parte del carrello sporgente; non c’è tempo per sistemarli bene, l’ascensore si muove ed un carrello urta il cavo dell’alta tensione, generando scintille elettriche che presto entrano in contatto col cavo del combustibile appena tranciato, si sviluppa l’incendio; l’aria diventa ben presto irrespirabile e l’anidride carbonica prende in fretta il posto dell’ossigeno, stando a mille metri sotto terra i minatori hanno il destino segnato.

Le docce












Gli appendi abiti che
andavano su un alto con
la catena che poi veniva
incastrata nel gancio a muro

















I nomi dei minatori deceduti
sono scritti i questa lapide
in marmo di Carrara

L’incendio si è sviluppato nel condotto principale dell’aria che si riempie così di fumo, rendendo l’aria irrespirabile;  per i poveri minatori non c’è scampo anche perché  le vecchie strutture erano in legno che bruciando continuavano ad alimentare l’incendio; inoltre il sistema di sicurezza era inesistente e non vi erano nemmeno le maschere per l’ossigeno, lasciando morire tutti soffocati dall’ossido di carbonio; i morti sono 262 di cui 136 italiani, la maggior parte abruzzesi, veneti, siciliani e calabresi; i superstiti soltanto 12. 
Nei primi anni del dopoguerra, molti italiani disoccupati si spinsero con le famiglie fino al Belgio alla ricerca di un lavoro grazie all’accordo “uomo - carbone” stipulato tra Italia e Belgio; per ogni emigrato italiano, il Belgio avrebbe dovuto pagare con 200 chilogrammi di carbone all’anno ed i minatori da mandare in Belgio, dovevano essere 50.000 all’anno. Così l’Italia finita la guerra  si accaparrava la materia prima necessaria alla ricostruzione; il carbone poi non arrivò nemmeno perché usammo quello arrivato gratuitamente dagli Stati Uniti. l’Italia esce dalla guerra con le ossa rotte, impoverita all’inverosimile, ricca solo di persone disoccupate in cerca di un lavoro.

La campana Mater Orfanorum























Le lanterne lasciate dai minatori












 









Il Belgio era ricco di carbone e cercava manovalanza a basso prezzo così l’allora Presidente del Consiglio italiano,  Alcide de Gasperi, siglò un protocollo d’intesa col Belgio che prevedeva l’invio di 50.000 minatori italiani all’anno in cambio di un prezzo preferenziale per il carbone; per pubblicizzare la notizia e per convincere le persone a trasferirsi in Belgio per lavorare, fece anche affiggere i manifesti in cui si dava risalto più agli aspetti positivi, alti salari, carbone e viaggi gratuiti in ferrovia, assegni familiari, ferie pagate e pre-pensionamenti, trascurando gli aspetti negativi, come la fatica estenuante di lavorare 12 ore sotto terra, il rischio di contrarre la silicosi ed i pericoli legati alla poca sicurezza degli impianti. Un’emorragia di gente si mise così  in viaggio con la speranza di trovare almeno i denari per avere un tozzo di pane per cena. I minatori “per caso”, non erano preparati a quella fatica immane che li aspettava nelle viscere della terra, inoltre essi dovevano fare i conti con il clima e l’ostilità della gente che ci considerava inferiori e ci denigrava perché avevamo la pelle sempre scura, intrisa di carbone; a noi furono riservate per dormire, le baracche fatiscenti di legno, servite ai prigionieri durante la guerra. Negli anni sessanta gli italiani arrivati in Belgio in cerca di lavoro erano 200.000, ossia il 44% della popolazione. Chi voleva ritornare in patria, non poteva farlo, era obbligato a stare in Belgio almeno un anno, pena l’arresto.  Il sito belga fu dismesso ed oggi a testimonianza dell’accaduto, fa parte del patrimonio storico dell’Unesco. 




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