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lunedì 22 ottobre 2012

Ecco perchè le donne sarde sono così - La società Matriarcale in Sardegna

Salvatore Niffoi ha riaperto negli anni scorsi, la questione della figura femminile in Sardegna, una figura portante nella società matriarcale le cui radici affondano proprio qua, in Sardegna, culla dell'antica civiltà italiana. La crearono i popoli del mare, provenienti dall'Asia e dalla zona egeo cretese, dall'Africa, dall'Iberia e dalla Celtia. Questi popoli furono costretti................................................... ad emigrare a causa di catastrofi naturali, come il Diluvio Universale e la desertificazione Sahariana, così due popoli discendenti dagli antichi Giganti, vennero ad occupare, in epoche diverse, le regioni fertili, ospitali e poco abitate della penisola italiana. La lunghezza delle nostre coste (1900 Km.), la centralità e la difendibilità della Sardegna, ne fecero un rifugio privilegiato. Da questa miscela etnica venne fuori una civiltà propulsiva, aperta e dall'isola salparono tante navi creando una fitta rete  di comunicazioni con la penisola, portandovi tecniche avanzate, arti ed una visione metafisica della vita. La civiltà matriarcale ha avuto, in terra sarda, uno sviluppo eccezionale ancora scarsamente conosciuti. I ritrovamenti archeologici ne hanno messo in evidenza la dimensione, sopratutto nel Neolitico
(6.000 e 1.500 a.C.). Durante l'età fenicia si è intrecciata al culto della Dea Tanit ed all'epoca punico - romana, al culto di Demetra /Cerere. Nonostante le persecuzioni dell'integralismo cristiano, la civiltà matriarcale, è riuscita a trasmettersi fino all'età moderna, contribuendo al diffondersi del fenomeno antropologico di Matriarcato Barbaricino. Fin dai primi del '900 si diffuse il mito della donna sarda, anche grazie all'esposizione della scultura di Francesco Ciusa intitolata "La madre dell'ucciso", esposta nel 1907 alla Biennale di Venezia. Di lì a breve, emersero tutt'una serie di figure femminili  rilevanti che furono i cardini della società sarda. I ruoli di autorità e di prestigio e la maggior libertà femminile, erano in larga parte dovuti ad uno stato di necessità, così come succedeva nelle società marinare, in quelle mercantili e manifatturiere. Da  queste esperienze emergevano donne di polso, che malgrado tutto, riuscivano a gestire situazioni spesso difficili, costrette a portare avanti un'intera famiglia, quando i loro uomini stavano via per lungo tempo, costretti dal lavoro.
La donna viene messa al centro della società sarda. A raccontarcelo sono le numerose statuette della "Dea Madre", lasciate in segno di devozione negli scavi di epoca prenuragica e tutti gli oggetti di tessitura e filatura, aghi di osso e lavoraziooni di ceramica in cui si avverte la mano femminile. Nell'epoca giudicale, vi sono numerose figure femminili che emergono a partire dalla carismatica Eleonora D'Arborea che promungò la "Carta Delogu", il primo codice statutario moderno e poi altre giudicesse come Adelaria di Lacon Gunale, ultima giudicessa di Torres. Vi sono ancora tutti quei saperi nascosti delle donne di un tempo che "Sa Meri", la padrona di casa, conosceva molto bene e che sapientemente applicava per curare ogni problema di salute, utilizzando le segrete erbe officinali. Il tribunale, inquisì molte di quelle donne, taciate come streghe e portate sul rogo; d'altra parte, molti viaggiatori dell'800, furono attirati perchè incuriositi, da questo sapere delle donne, che non implicava mai l'intervento del medico.
La "Supplenza Sanitaria" delle donne sarde durò a lungo, tant'è vero che per i festeggiamenti dell'Unità d'Italia, in Sardegna, ancora ben 105 comuni, erano  privi di un servizio sanitario e 310 erano sprovvisti di farmacie. Sulla rivista "Sardegna Medica e su "Il Farina", molti medici lamentavano come il ramo così delicato di Ostetricia e ginecologia, fosse interamente in mano alle donne che da sempre facevano le levatrici, tramandando il mestiere di generazione in generazione, da madre a figlia e così via, impostando una diatriba tra le due categorie, medici e levatrici, che andava avanti dal 1700 per proseguire fino al 1860, anno in cui fu aperta a Sassari la prima scuola di Ostetricia, avvicinando le donne all'Università ed al mondo della medicina.Nel 1900 le donne iniziarono ad aprire le fabbriche a conduzione quasi esclusivamente femminile, pian piano si svilupparono i nuovi movimenti femministi per contrastare gli ambienati in cui l'accesso alle donne era precluso. A fine '800, diverse produzioni letterarie considerano la figura femminile il fulcro della società; una per tutte il premio Nobel per la Letteratura, Grazia Deledda, nel 1926, l'unica donna italiana, ancor oggi, insignita da questo titolo. La rivista "La donna sarda", uscita in quegli anni, promuoveva lo scambio di nuove idee tutte al femminile; la funzione principale di quelle riviste era essenzialmente  riunire le donne per un unico scopo, l'istruzione e l'educazione per poter organizzare al meglio la propria famiglia che stava alla base della società e per riuscire ad essere giuste ed imparziali con essa. Questa lunga storia è stata per me uno spunto per capire meglio come si è evoluto il ruolo della donna nella società sarda attraverso i secoli, e mi ha aiutato a trarre più facilmente le conclusioni ed a capire, come possa meglio la donna rispetto a chiunque altro, riuscire  a svolgere ancora tanti ruoli, con disinvoltura e senza mai lamentarsi.

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