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martedì 26 luglio 2011

Arbus - le sue miniere e la Costa Verde

Il fascino di un territorio risiede anche nella sua età; ci sono aree in Sardegna che sono tra le più antiche al mondo. L’Arburese è una di queste. I suoi paesaggi ondulati riservano un sottosuolo colmo di minerali e di acque, grotte e segni della fatica di migliaia di minatori. La superficie offre monti metalliferi e dolci colline che degradano sul mare, sabbie dorate, profumo di macchia mediterranea,Arbus, m 311, ab 7000, è adagiato su Arcuentu, le miniere di Ingurtosu e Montevecchio e la splendida
Costa Verde con le Piscinas. L'area dell'Arburese è una terra in cui sono presenti tracce di un' attività mineraria durata secoli: pozzi, laverie, gallerie, dighe, ponti, materiali di scarto, vecchi vagoncini per il trasporto dei minerali, villaggi operai. Il duro lavoro e la sapienza dell'uomo hanno costruito di fianco ad una natura maestosa uno scenario di archeologia industriale di forme particolarissime e di valore culturale e storico inestimabile.
La Regione Sardegna ha inteso tutelare questo affascinante patrimonio istituendo il Parco Geominerario della Sardegna, con lo scopo di valorizzare un territorio di straordinaria importanza geomineraria e ambientale. Il mare dell'Arburese è chiamato
Costa Verde, 47 Km di coste dal Capo della Frasca fino al Capo Pecora, nella parte Sud-Occidentale dell'isola. Dune dorate, scogliere che calano a picco sul mare cristallino e la perenne macchia mediterranea a far da contorno a scenari unici e incomparabili. Partendo dalla Piana di Santadi che chiude a sud l'area del Poligono Militare del Capo della Frasca, si possono raggiungere diverse località che affacciano tutte su mari incontaminati. Da nord si incontra il villaggio di Tunaria, la spiaggia della Colonia di Funtanazza, le splendide dune dorate di Piscinas, la località del Capo della Pecora a sud. La regione dell'Arburese si contraddistingue per la presenza di sistemi collinari geologicamente tra i più variegati della Terra: a Sud si eleva la catena del Linas di cui la punta Sa Perda de sa Mesa costituisce la cima più elevata con i suoi 1236 m, più a Nord il cosidetto piano granitico dell'Arburese si arrende all'articolato sistema vulcanico del Monte Arcuentu (785 m). La zona sita tra i centri di Guspini e Arbus possiede antiche e dure storie di archeologia industriale legate all’attività mineraria: è proprio nel territorio di Montevecchio e Ingurtosu che si osservano le più ampie e significanti testimonianze. Le miniere sarde, conosciute sin dall’antichità, ebbero intorno alla seconda metà dell’800 un periodo florido, e proprio la miniera di Montevecchio dopo la seconda guerra mondiale fu tra le più grandi e produttive d’Europa. Questo estremo sfruttamento portò ad un excursus storico che fece nascere e crescere agglomerati urbani abbarbicati sugli aspri monti, oggi ampiamente abbandonati e solo in piccola parte recuperati come siti archeologici industriali. Aggirando alcune fra le punte più vicine alla strada da percorrere, come s’Accorradroxiu e Is Gennas, si possono osservare ancora: i resti dei villaggi una volta molto popolati, i caseggiati dei pozzi, i cumuli di detriti, la vecchia attrezzatura. L’amministrazione locale, come per tutto il Sulcis interessato da questo fenomeno, sta lavorando individuando una politica che porti ad un completo recupero ed utilizzo dei siti a scopo culturale e turistico; ma c’è ancora molto da fare. Ad Arbus, in una bella casa del tardo settecento, è stato allestito il Museo del coltello sardo,

opera principalmente voluta da un artigiano coltellaio. È nota la grande dedizione del popolo sardo verso la tradizione, ed il coltello sardo è uno di quegli oggetti che ancora resiste alla modernità. Il pezzo di maggiore interesse storico è sicuramente “la leppa” in dotazione alle truppe del Giudicato di Arborea nel trecento.
dune dorate di
una conca formatasi dall’intersecazione di due massi ciclopici di granito. Il pittoresco paese è da sempre dedito all’agricoltura e alla pastorizia, attività mai abbandonate. Neanche con l’ avvento della miniera. Come quando si è consapevoli che qualcosa prima o poi finirà...Il comune di Arbus appartiene alla provincia del Medio Campidano che copre un territorio in cui si mescolano le dolci colline della marmilla puntellate di piccoli centri di campagna, le fertili pianure del campidano e le verdi montagne del Linas, con la punta de Sa perda de sa mesa che raggiunge i 1236 m.
L’Arburese insiste in una grossa porzione di territorio a nord del massiccio del Linas, in un territorio che comprende l’articolato sistema vulcanico del monte
alberi piegati dal maestrale, piccoli e bassi vigneti, casolari di campagna.
Il paese di
In alcune zone della Sardegna, in particolare nelle zona di Arbus, si sono conservati piccoli nuclei di pecore con caratteristiche morfologiche molto vicine a quelle del tipo originario e in particolare la piccola taglia, la presenza di corna, l'assenza o la piccola dimensione delle orecchie e il colore nero del vello.
La pecora di razza Sarda è autoctona della Sardegna, selezionata da lungo tempo per le specifiche condizioni ambientali dell'isola. Essa probabilmente origina, come la maggioranza delle razze del bacino Mediterraneo dal grande ceppo Asiatico. E' stata probabilmente introdotta nell'isola da popolazioni provenienti dal Nord-Africa e la sua prima rappresentazione risale alla civiltà Protosarda del 2000 A.C.. Originariamente la pecora Sarda era un animale di piccola taglia, con maschi e femmine dotati di corna e con bassi livelli produttivi se confrontati a quelli attuali
Sino agli anni sessanta questo tipo di “pecora nera” componeva più della metà di molte greggi dell’Arburese. Essa veniva allevata per le sue precise peculiarità: maggiore resistenza e adattabilità ai pascoli di collina, utilizzo massiccio della sua lana nera per la tessitura dell’orbace, che risultava essere il tessuto maggiormente utilizzato per la confezione degli abiti, dei costumi tradizionali e de “su saccu”, la coperta imperniabile utilizzata dai pastori per ripararsi dall’acqua e dal freddo. Gli agnelli neri venivano portati a un’età di sei/sette mesi e le loro pelli venivano utilizzate per confezionare “sa besti”, un capotto imperniabile che proteggeva ugualmente molto bene il pastore dalle intemperie. Spesso, dalla vendita delle pelli di “agnellone” nero si ricavava quasi quanto la vendita della carne. Con la selezione massiccia della pecora bianca da latte e per il fatto che la lana e le pelli nere non avevano più mercato, anche a causa dell’evento della plastica e dei tessuti sintetici, l’allevamento della pecora nera si è andato pian piano perdendo e attualmente, nelle greggi sarde , su quattro milioni circa di ovini, sono presenti solo un migliaio di pecore con il vello nero e con le caratteristiche ancestrali di cui sopra..


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