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domenica 29 gennaio 2012

La chiave di Sara - Recensione

La storia inizia nel 1942, quando Sara, una bimba ebrea di 10 anni, nell'intento di sottrarre il fratellino alla deportazione presso il velodromo d'Hiver, in Francia in cui invece finirono, sia lei che i genitori, e dove vivevano in condizioni igienico sanitarie precarie, lo rinchiude dentro l'armadio di casa, conservando per tutto il tempo la chiave.
Yulia, una giornalista americana che viveva in Francia col marito, assume il compito di redigere un articolo proprio sui fatti del 16 luglio 1942, quando la polizia francese, su ordine dei tedeschi, andava di casa in casa a restrellare le migliaia di ebrei parigini.
Attraverso alcune ricerche, Yulia, viene a sapere che la casa in cui si sta trasferendo era della zia del marito e proprio in quell'anno era abitata da una famiglia ebrea. Nel ricostruire la storia, Yulia, apprende di Sara e dei suo tentativi di fuga dal campo di concentramento, al fine di salvare il fratello. Sara e Yulia, avevano dei lati in comune, entrambe vanno in fondo nei loro intenti, con caparbia ostinazione, per il raggiungimento della verità che rimette in gioco la vita di entrambe. Il film è fatto bene, è godibile, a tratti triste, ma la storia è interessante.

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